



La storia della “casera delle Roncade su al Cargador de Ron” si perde nella notte dei tempi. Nata come rifugio occasionale per i pastori e le loro bestie è, all’inizio del secolo scorso, edificio per la produzione estiva del formaggio ottenuto con il latte delle vacche che venivano qui condotte al pascolo estivo dai nostri bisnonni che abitavano poco distanti a Ron.
Oltre al pascolo per le bestie, si ricorda ancora un ricco frutteto con una abbondante varietà di alberi da frutto autoctoni. I frutti venivano raccolti per essere in parte consumati ed in parte venduti al mercato.
Il vigneto, immancabile in queste zone, era composto da più filari dove si alternavano viti di uva bianca (il Verdiso, la Bianchetta e la Perera oltre all’allora denominato Prosecco) a viti a bacca rossa (uva Fragola e Clinto).
Erano i tempi di Leandro (nato proprio qui nel 1882), della moglie Giovanna e dei loro figli Emilia, Assunta, Angelo (per tutti Angelin essendo il più piccolo), Maria, Antonietta Albina e Angela uniti dall’amore per la loro terra e dal duro lavoro dei campi.
Passarono le due Guerre, le carestie, le migrazioni, e in quegli anni la casera rimase sonnolenta e silente, in attesa.
Negli anni ’70 Marino, marito Maria Vittoria (Vittorina), una nipote di Leandro e figlia di Angela, tornato dalla Svizzera con la moglie e il figlio Gianni, spesso amava venire quassù a camminare per raccogliere i “maroni del castagner grando”, i “rustot” e i “fonch” per un buon risotto.
Si fermava a fare due chiacchere con questa vecchia signora e, da buon muratore, le sistemava un po’ il vestito: portava qualche pietra, raddrizzava qualche muro, le rattoppava il tetto. Da qualche anno però Marino ci vede poco, così l’ha un po’ trascurata, ma non manca mai di passare a darle un saluto.
Gianni, il figlio maggiore di Vittorina, si è sposato ed ha ristrutturato la vecchia stalla vicino alla casa dei bisnonni proprio nella frazione di Ron, ma durante le passeggiate con i suoi due gemelli, Lodovica e Giacomo, il luogo più amato è sempre stato il Cargador.
Qui, assieme al nonno Marino, si raccolgono ancora oggi le castagne, qui i primi pic nic sul prato con i manicaretti della nonna Vittorina, qui i ragazzi hanno imparato a fare la prima “burela” e poi la “meda” e qui hanno ascoltato i racconti delle loro origini che hanno rafforzato in loro il senso di appartenenza a questa terra.
Durante una sera di estate del 2022, alla fine di una giornata di sfalcio del prato, Gianni ha sognato un inaspettato futuro per la “casera” di famiglia: aprire di nuovo le sue porte a voi Amici perché godiate, assieme a noi, della bellezza di questa natura, di questo paesaggio e di questo luogo.
Seduti sotto il portico con un buon calice del nostro Prosecco provate a tendere l’orecchio. Assieme al lamento acuto della poiana e all’abbaiare del capriolo, sentirete la voce della casera che vi invita a godere di questo luogo magico ed indimenticabile.